“Ché a nulla vale incontrare qualcuno o qualcosa se nessun lampo si produce nella mente.”

giovedì 23 giugno 2011

Care Vittoria Delsere ed Elena Maffioletti,
vi scrivo per manifestarvi le mie impressioni a proposito di Bisclavret - Storia luminosa di tempi bui.
Ricorderete la presentazione del vostro volume a Bari, nella città vecchia, presso il pub letterario “eKoiné”.
Io ero là quella sera, sono Ivan; e tra l'altro ho gradito molto la simpatica conversazione che si sviluppò in occasione di quell'incontro: si è trattato - non lo dico per semplice cortesia - di una delle più belle e originali presentazioni di libri alle quali mi sia capitato di partecipare negli ultimi tempi.
Bisclavret è un romanzo che resta impresso, una volta letto, ed è proprio vero quello che disse quella sera l'amica Claudia, presentandocelo: quando la lettura del libro è terminata, rimane nel lettore la nostalgia di quei personaggi.
C'è un aspetto che salta agli occhi, in ogni caso, al di là della qualità della narrazione: l'estrema cura nella scrittura; dalla ricerca delle espressioni e dei termini giusti e adatti al clima storico della vicenda, e dal collegamento logico delle varie parti del testo per evitare incongruenze, sino alla stessa attenzione per la pulizia formale delle frasi, tutto contribuisce a dare la positiva impressione di un impegno preso sul serio, e di un testo profondamente amato da chi l'ha ideato e scritto.
Tante, troppe volte si constata che oggi la scrittura non è “presa sul serio” dagli scrittori, e tanti nuovi romanzi dànno in chi li legge una sensazione di sciatteria e pressapochismo, contrabbandati di volta in volta per atteggiamento “minimalista”, naif, o beat, o freak, o quant'altro. Oppure si tratta – nel migliore dei casi – di esercizi stilistici che sul piano dei contenuti non hanno niente da dire. O ancora, se un qualche contenuto c'è, vola “molto basso”, nei dintorni di impressionismi diaristici al limite dell'adolescenziale.
Per fortuna, il vostro Bisclavret è l'esatto contrario di tutto questo, ha la giusta ambizione di essere veramente “romanzo” nel senso migliore (e non frainteso) del termine, perché alla meraviglia del raccontare fatti eclatanti e incredibili unisce la lettura “morale” delle vicende, per farne canone universale.
La rilettura del rapporto uomo – lupo, e quindi del mito del “lupo mannaro”, è poi originale e avvincente, come la capacità di trasfigurare l'attualità nell'Età di Mezzo; e ancora, è pregevole la ricostruzione dello stesso Medio Evo in una chiave attenta alle sfumature e ai chiaroscuri, che risulta implicitamente critica sia verso la lettura “nostalgica” di quell'epoca storica, tipica dei reazionari, che verso la lettura totalmente in negativo offertane dagli Illuministi.
Gli intermezzi “visionari” del protagonista, con le sconvolgenti apparizioni di immagini del nostro tempo, sono un pezzo di bravura a parte, che contribuisce – insieme ad altri elementi, sempre usati con sapienza e misura – a rinnovare lo schema di racconto tradizionale al quale Bisclavret si rifà, e mi ricordano in qualche modo la “trovata” di Mark Twain per il suo Uno yankee alla corte di Re Artù. Ma nel vostro libro le epifanie del futuro hanno un aspetto letterario più ricercato, grazie al quale l'ironia brilla di miglior luce.
Penso che molte altre cose ci sarebbero da dire, e sicuramente molte ne dimentico; ma mi sembra importante dirvi soprattutto che ci vogliono romanzi come il vostro, al tempo stesso scorrevoli e rigorosamente costruiti. Se ne sentiva la mancanza, e perciò mi auguro veramente che abbiate voglia di impegnare le vostre penne di scrittrici in un'altra sfida come questa.
Un cordiale saluto
Ivan Scarcelli

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