“Ché a nulla vale incontrare qualcuno o qualcosa se nessun lampo si produce nella mente.”

giovedì 18 novembre 2010



Cara Elena,
da sempre amo le fiabe, i racconti fantastici, pur essendo per mio carattere estremamente concreta e radicata a terra. Ho letto perciò questo vostro romanzo proprio come una fiaba, sapendo che come in ogni fiaba vi avrei trovato la perla preziosa di una ‘morale’, un insegnamento che mi sarebbe stato svelato nel dipanarsi delle vicende vissute dai protagonisti.
E così è stato. Anche in questa vostra opera, il lieto fine – che dopotutto fa sempre piacere – non risparmia a chi legge qualche bottarella sulla coscienza, ma insieme regala quella speranza che dà un più ampio respiro al vissuto quotidiano.
La storia è di per sé molto semplice e intrigante. I personaggi sono tutti descritti con notevolissima capacità psicologica e quindi risulta facile immedesimarsi nelle situazioni che si trovano a vivere. Particolarmente intense le sensazioni vissute da Aimone nel corso della trasformazione in lupo: mi sembrava di sentire i miei canini allungarsi e le orecchie allungarsi e appuntirsi. Nelle notti di luna piena vedrò di prendere dei sedativi…
Il linguaggio è gradevolissimo, molto curato, molto ricco. Le immagini che ne risultano sono delle vere e proprie opere pittoriche, sia che si tratti di paesaggi (notturni, invernali…) che di persone. Ti vengono sotto gli occhi in modo preciso, dettagliato, divertente o inquietante, comunque affascinante..
(Permettimi una parentesi con quel simpatico “Bepi Stamberga”, che mi ha ricordato il mio cognome di Bamberga…)
E adesso voglio dirti una cosa che ha stupito anche me. Di solito amo centellinare i racconti, per goderne a fondo la sostanza. Con il vostro mi è capitato un fatto inaspettato: per goderlo veramente, ho dovuto fare spesso un respiro profondo e andare avanti nella lettura finché potevo. Era come se la mia testa volesse seguire ‘al galoppo’ le vicende di Aimone (e delle bellissime figure femminili che accompagnano la sua avventura). Rientravo in casa e dovevo subito prepararmi un caffè per sedermi immediatamente a leggere ancora qualche pagina. E che non si permettessero di telefonarmi, in quel momento!
In buona sostanza, non so farti un trattato di linguistica o di storia medioevale, ma se vuoi sapere che cosa penso di “Bisclavret”, ti garantisco che la vostra fatica merita davvero un plauso. Il romanzo è semplice (se non si vuole arzigogolare a tutti i costi), è gradevole (e sfido chiunque a dire il contrario), e soprattutto insegna parecchio anche a chi sa già tanto (basta che abbia sempre voglia di imparare).
Questo è quanto. Ti prego di esprimere i miei complimenti anche alla tua cara amica Nicoletta/Vittoria.
Ida Bamberga Premarini

PS: Solo un paio di curiosità: Alle pagg. 34 e 68 si parla di un  “signore del castello” che accoglie l’arrivo inaspettato di Aimone (quindi sono in un momento di relax familiare) dandogli la mano con il guanto ferrato. Ma li tenevano anche in casa?
La seconda curiosità è come facessero a trovare un tuorlo d’uovo in piena battaglia per curare una ferita (pag. 166).
Ma sono soltanto banalità che non cambiano la sostanza.

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